Cosa significa veramente “essere sani”?
In questi tempi di ritorno della pandemia di COVID-19, per molti (per l’opinione pubblica, i media e per la classe politica che ci governa), essere sani significa non essere ammalati. Ma è tutto qui? Essere sani significa semplicemente non avere malattie?
La realtà è molto più complessa e tantissimi pensatori si sono arrovellati su questo tema. Sin dall’antichità, il concetto di salute è stato sempre dibattuto. In un passaggio, nell’antica Grecia, Socrate incontra Epigene. Quest’ultimo è in pessima forma fisica e Socrate lo critica, sostenendo che non è normale che un uomo non curi il suo corpo. Famosa è la frase: “E disgrazia per un uomo invecchiare senza prima aver visto cosa sarebbe potuto diventare se avesse curato il proprio corpo”.
E quindi, cosa significa realmente “essere sani”? Si tratta di un concetto complesso, che è difficile da valutare in termini strettamente fisici e numerici e che riguarda molto di più ciò che percepiamo di noi stessi. Noi non siamo solo sani ma soprattutto ci “sentiamo” sani. E’ una condizione in cui corpo e mente sono in equilibrio, nella quale sentiamo di poterci muovere in modo fluido, privo di dolori e di limitazioni. È quella che gli antichi romani definivano “eudemonìa”, ovvero la fioritura dell’essere umano. Una sorta di stato di grazia in cui corpo e mente non hanno limitazioni e il movimento e il pensiero fluiscono senza sosta.
La salute non è un obiettivo bensì è da considerarsi una pratica. Poiché è difficile da raggiungere ma molto facile da perdere. È la realizzazione di un percorso dove alimentazione, movimento e corretti stili di vita si uniscono e lavorano in simbiosi.
Il grosso problema è che attualmente, nella nostra società, la salute è diventata qualcosa di passivo, uno stato da ottenere attraverso terapie passive, attraverso farmaci, pillole e rimedi estemporanei. Dovremmo immaginare la nostra salute come un fiore: ogni giorno dobbiamo concimare, lavorare la terra nel vaso, dare acqua, esporre alla luce solare. E piano piano il fiore sboccerà. Non possiamo pretendere che il fiore sbocci da solo e di prendercene cura solo quando sta seccando. Non avrebbe alcun senso. Eppure con la nostra salute facciamo esattamente così: ce ne prendiamo cura solo quando è in pericolo e ci accontentiamo di portarla a un livello minimo: quello dell’assenza di malattia.
I dati dell’Istituto superiore della Sanità sono sconcertanti: il 75% dei morti per infezione da COVID-19 soffre di ipertensione. Uno stato in cui la pressione arteriosa è più alta del normale per via di aterosclerosi, una patologia nella quale il calibro delle arterie si riduce per via di una costante infiammazione. E il primo fattore predisponente all’aterosclerosi è la mancanza di movimento e solo dopo c’è l’alimentazione (e non c’entra nulla il colesterolo). E di contro, uno studio americano ha mostrato come chi possiede una capacità aerobica superiore abbia un minor rischio di ospedalizzazione in caso di infezione da COVID-19.
Il problema, se vogliamo metterla sul filosofico, è che pochissimi di noi sono interessati davvero a sperimentare una salute senza limitazioni e la maggior parte si accontenta di stare lontana dalle malattie. Per questo abbiamo costruito un mondo che ormai ci permette di fare tutto senza più muoverci: con un click sul telefono possiamo avere accesso a ore e ore di intrattenimento, parlare con gli amici, fare la spesa e sbrigare le commissioni. Non dobbiamo più nemmeno uscire di casa. E questo ci rende estremamente fortunati ma ha un costo molto alto: la nostra salute. Stiamo barattando la comodità in cambio della salute fisica e mentale. Ci dovremmo chiedere: “È davvero così che voglio vivere?”
Il problema è che la salute fisica è il risultato di una disciplina quotidiana, fatta di movimento e attività. E purtroppo anche qui il pensiero comune è stato storpiato, creando l’equazione movimento=sport. Ma lo sport è competizione, sacrificio e sudore, tutte cose che stridono con la nostra ricerca della comodità. Il movimento invece è qualcosa che può essere realizzato anche senza sforzo. Dovremmo iniziare quindi a cambiare il nostro modo di pensare e smettere di raccontarci che per stare in forma dobbiamo fare sport, perché non è assolutamente vero.
Per essere sani dobbiamo muoverci e dobbiamo pretendere di costruire un ambiente che ci permetta di farlo: permetterci di andare a scuola e al lavoro in bici, permetterci di fare attività motoria per strada anziché destinare tutto lo spazio pubblico alle auto, permetterci di scaricare dalle tasse l’iscrizione in palestra, la fattura del laureato in scienze motorie o l’acquisto della bici, come si fa coi farmaci.
Permetterci di pensare alla nostra salute come qualcosa che va mantenuto e coltivato nel tempo come un fiore. Perché l’essere umano, come sostenevano gli antichi, può anch’egli sbocciare, se riesce a rinforzare il proprio corpo, disciplinare la propria mente ed elevare il proprio spirito.
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