L’incrocio in corso Monforte a Milano – sì, quello pieno di pittogrammi di biciclette – è diventato un caso nazionale grazie al sensazionalismo e alla superficialità dei mass media nel riportare la novità, ai social che l’hanno amplificata e al grado di analfabetismo ciclabile dell’italiano medio che lo porta a commentare senza leggere, leggere senza capire e capire quello che vuole in base ai propri preconcetti.
L’incrocio in corso Monforte a Milano
Ogni volta che viene pubblicata una notizia che ha a che fare con “le ciclabili” – siano esse piste esclusive per bici in sede propria, ciclopedonali promiscue con i pedoni sul marciapiede o bike lane disegnate sulla carreggiata – puntuali scattano le polemiche. I detrattori della ciclabilità sono sempre pronti ad additare “le ciclabili” come causa di tutti i mali che affliggono mobilità urbana, in particolare l’eccesso di traffico e la mancanza di parcheggio. Eccesso di traffico e mancanza di parcheggio che invece sono diretta conseguenza di un numero abnorme di auto in circolazione che fanno dell’Italia uno dei paesi con il più alto tasso di motorizzazione del mondo: ma all’italiano medio affetto da analfabetismo ciclabile questo non interessa.
L’analfabetismo ciclabile dell’italiano medio
C’è da dire una cosa: l’analfabetismo ciclabile dell’italiano medio non si è manifestato da un giorno all’altro, non è un incidente di percorso nella scala della consapevolezza in merito alle azioni da intraprendere per migliorare la sicurezza stradale di tutti gli utenti e quindi – sì – anche di chi si sposta in bicicletta. L’analfabetismo ciclabile dell’italiano medio è il prodotto di una società che – da 70 anni buoni a questa parte – ha modellato tutti i suoi spazi in funzione dell’automobile relegando la bicicletta ai margini e considera come “vezzi” o “stranezze” cose del tutto normali come utilizzare la bici come mezzo di trasporto quotidiano in città per andare al lavoro, accompagnare i figli a scuola o fare la spesa.
I mass media e la deriva acchiappaclick
In questo contesto non proprio edificante, dove l’analfabetismo ciclabile dell’italiano medio prospera, puntuali arrivano i mass media a cavalcare l’onda dell’indignazione social un-tanto-al-click e cercano di massimizzare le visualizzazioni con titoli da clickbait selvaggio e articoli scritti coi piedi (ché tanto non se li leggerà nessuno, ndr). Nello specifico ecco un breve florilegio dei titoli che sono riusciti a scrivere in merito all’innocuo incrocio di corso Monforte a Milano che ha l’unica colpa di aver evidenziato in rosso sull’asfalto l’attraversamento destinato alle bici e tratteggiato la traiettoria della svolta verso sinistra (visto che la strada di fronte è a senso unico, ndr):
- Milano, l’incrocio pazzo delle piste ciclabili in corso Monforte: il rompicapo della svolta
- Milano, la pista ciclabile in corso Monforte confonde i ciclisti: l’ironia social
- La ciclabile in centro a Milano e la “ribellione” del web: “Sembra un labirinto”
- Nuove piste ciclabili a Milano, l’incrocio in corso Monforte sembra un rebus: ecco perché
- Milano, la ciclabile di corso Monforte è una via di mezzo fra Tetris e Monopoli
[Link e nomi delle testate volutamente omessi, ndr]
“Incrocio pazzo”, “rompicapo”, “labirinto”, “rebus”, “Tetris”, “Monopoli”: espressioni in linea con il lessico utilizzato dalle medesime testate quando raccontano le collisioni stradali dove “auto impazzita”, “strada killer” e “pirata della strada” sono all’ordine del giorno. Luoghi comuni giornalistici che mistificano la realtà e non spiegano i fatti: ma sono così rassicuranti per chi legge solo i titoli e può tirare via, non sentirsi responsabile e – all’occorrenza – commentare a sproposito.
L’incrocio di corso Monforte a Milano spiegato facile
La cosa bella di Internet è che oltre a una marea di fregnacce disinformate e a contenuti seriali beceri fatti solo per fomentare i commenti astiosi dei detrattori, esiste la possibilità di avere una spiegazione semplice ed esaustiva di com’è fatto e come funziona per le biciclette l’incrocio di corso Monforte a Milano, con i suoi attraversamenti ciclabili, le fasi semaforiche e tutto il resto. A questo proposito vi consiglio 3 link:
- Il post dell’assessore con delega alle strade e consigliere di Municipio 1 Lorenzo Pacini (che ha fatto anche un disegnino)
- L’intervento in Consiglio Comunale del consigliere Marco Mazzei (sintetico e molto chiaro)
- Il video esplicativo pubblicato da Massimiliano Tonelli sul gruppo Cantiere UrbanFile (prova pratica di attraversamento dell’incrocio in questione, in tutte le possibili direzioni)
Che cosa ne pensa il ministro Matteo Salvini?
Infine: sulla questione poteva esimersi di dire la propria il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini?
Naturalmente no: ha esternato su Facebook condividendo una card realizzata con il titolo del Corriere della Sera accompagnato da questa sua riflessione in merito: “Comune di Milano. Segnaletica stradale “chiara”…….. Senza parole”.
No comment.
Salvini è un degno rappresentante di una certa Milano su questo non c’è dubbio
Da ciclista corretto e rispettoso da tot mila km all’anno ho già commentato sulle ciclabili.
Con l’avvento dei diritti individuali sposati dal progressistume (milanese, torinese, ecc.), tra i quali il volersi far belli con la ideologica “gransizione green” e balle similari (a parte quelli che inaugurano ciclabili e non difendono il territorio emiliano), dopo le rotonde attorno ai mondiali 2006, ora si assiste al proliferare di ciclabili in ogni senso e dovunque, a mio giudizio spesso senza senso alcuno e pericolosi per i ciclisti, i più esposti assieme ai pedoni al traffico veicolare. Solo che i pedoni, soprattutto fuori città, tendono a invadere le sede delle sole ciclabili, fregandosene di tutto e di tutti. Restano i ciclisti.
Personalmente sono contento di abitare fuori Torino e c’andrei meno che posso con l’auto e mai con la bici.
Il problema è davvero ideologico prima che educativo. Educativo perché manca in tutti (ciclisti che non usano le ciclabili laddove esistenti, pedoni che invadono le ciclabili, automobilisti che se ne fregano delle ciclabili, mezzi commerciali che ancor di più se ne sbattono, ecc.). Ideologico perché si vogliono fare ciclabili quando manca lo spazio e manca del tutto la coscienza in troppi abitanti d’Italia del rispetto reciproco e del diverso uso delle vie (dei mezzi pubblici, dei taxi, delle bici ecc.).
E’ la solita solfa per cui si fa il RdC e troppi non aventi diritto ne abusano; si fa il Superbonus e scattano i furbetti del Superbonus; si fanno le ciclabili e tutti ci passano sopra (cani e porci) mentre troppi ciclisti non le usano (quelli che definisco i “professionisti del sabato e della domenica” ma pure degli altri giorni).
Manca coscienza civile, manca rispetto reciproco, manca l’educazione e prevale la prepotenza e il menefreghismo sociale e individuale, correlato ai tristemente famosi “diritti individuali” mercé i quali ciascuno si sente in diritto di pretendere non rispettando o accettando i doveri.
Che fare? Educazione civica a scuola fin dalle elementari e poi controlli asfissianti e multe a chi non rispetta nulla e invade corsie non previste, pedoni inclusi. Queste due soluzioni da attuarsi subito!
…..allo stesso tempo ben vengano i limiti di velocità (anche più bassi dei 30 orari che in alcuni punti risultano ancora troppo pericolosi) e, ovviamente, i controlli.
Purtroppo al traffico sempre più incasinato non è facile mettere mano.
L’educazione all’utilizzo delle strade ed al rispetto del prossimo sarebbe basilare ma anche in questo campo siamo tutti “troppo avanti”.
Polemiche a parte, la viabilità non può essere un cubo di Rubik ma di immediata e corretta interpretazione da parte di utenti in movimento.
Non è facile sottostare a questa semplice regola perché ormai la testa degli addetti ai lavori è “troppo avanti”!!!
Anche guardando la foto del Corriere della Sera viene da pensare all’analfabetismo ciclabile:
– furgone parcheggiato sulla ciclabile in alto a destra (e se non erro anche in corrispondenza di una fermata del Bus )
– Altro furgone che svolta a destra viaggiando sulla ciclabile
Non c’è male!