Roma e la bicicletta: un rapporto complicato. Perché nella Città Eterna le due ruote a pedali non trovano il giusto spazio nell’agenda politica e sulla carreggiata? Si potrebbe parlare di “ciclabilità negata” in due accezioni: l’una in quanto le infrastrutture non consentono ai cittadini di muoversi in bici in sicurezza; l’altra in quanto chi progetta le ciclabili troppo spesso non è capace di realizzarle al meglio.
Due negazioni che contribuiscono ad affermare il sostanziale affossamento di questa modalità di trasporto. Bistrattata dalle decisioni politiche, bersagliata dalle cronache locali (sempre attente ai piccoli interessi delle lobby e dei potentati di turno), relegata perlopiù ai margini e tirata fuori soltanto quando c’è da dirottare fondi europei o straordinari in occasione dei grandi eventi come il Giubileo 2025 alle porte o l’Expo 2030, obiettivo mancato.
Ordinaria amministrazione vs. Grandi Eventi
La sensazione è che Roma sia una città dove l’ordinaria amministrazione – dalla manutenzione di una ciclabile alla riparazione di un marciapiede, dalla potatura degli alberi alla pulizia delle caditoie – è sistematicamente trascurata a discapito dei Grandi Eventi. Sensazione che le azioni degli amministratori pro tempore in carica al Campidoglio non fanno altro che confermare ogni volta che se ne presenta l’occasione.
Il Grab alla prova del Giubileo
Per citare un esempio su tutti, il Grab (Grande Raccordo Anulare delle Biciclette). Un’opera che avrebbe dovuto essere realizzata già da diverso tempo ma che ha avuto un iter molto travagliato. In queste settimane è arrivato l’annuncio dell’inizio dei lavori (negli annunci e nei rendering c’è da dire che Roma se la cava sempre egregiamente, ndr).
Ma l’opera non sarà comunque pronta entro il Giubileo 2025: l’ennesimo appuntamento mancato. Solo la paura di perdere i fondi già stanziati dal PNRR ha sbloccato l’avvio dei lavori, tanto che l’affidamento è stato fatto direttamente ad Astral, società partecipata dalla Regione Lazio. Altrimenti il progetto sarebbe rimasto impantanato nelle pastoie burocratiche in cui l’hanno annegato in questi anni, con buona pace della rigenerazione urbana e della promozione della ciclabilità.
Expo 2030: Roma bocciata
Intanto proprio oggi è arrivata una sonora bocciatura della candidatura di Roma per l’Expo 2030: nella corsa finale a tre Roma si è piazzata all’ultimo posto con appena 17 preferenze, preceduta dalla città coreana di Busan con 29 voti. A trionfare è stata la capitale dell’Arabia Saudita Riad con 119 voti. In un rendering della candidatura di Roma per l’Expo 2030 un’immagine di un radioso futuro all’insegna del verde, della pedonalità e della ciclabilità: proiezione che, visto l’esito del voto, molto probabilmente resterà solo sulla carta. Perché a Roma, senza il Grande Evento di turno, la ciclabilità scompare.
Lo “spezzatino ciclabile” di Roma
Perché quello che nelle altre città d’Italia, d’Europa e del Mondo appare come fattibile e ragionevole a Roma è considerato impossibile? Perché la realizzazione di un Biciplan degno di tale nome sta ancora a carissimo amico? Le ragioni dello “spezzatino ciclabile” – ahimè indigesto – e della ciclabilità negata a Roma sono molteplici.
L’allocazione dello spazio pubblico
Con uno dei tassi di motorizzazione più alti del mondo e l’abitudine consolidata di parcheggiare l’auto in ogni angolo possibile e in sosta vietata, la superficie di Roma è intasata di mezzi in transito e soprattutto in sosta. La realizzazione delle ciclabili si scontra contro la doppia fila tollerata e istituzionalizzata.
Resistenze locali
I residenti considerano il parcheggio gratuito sotto casa un diritto inalienabile e a ogni nuova ciclabile annunciata puntuali si alzano i peana di sedicenti comitati di quartiere contro le modifiche alla viabilità nel timore della “perdita di posti auto”.
Cattiva manutenzione delle strade
Le famose buche di Roma non hanno bisogno di presentazioni. Ma in caso di interventi stradali di manutenzione straordinaria la legge 366/98 impone agli enti proprietari di realizzare percorsi ciclabili adiacenti. Questa norma a Roma (come nella stragrande maggioranza delle altre città italiane) è disattesa e i risultati sono sotto gli occhi – e le ruote – di tutti.
Segnaletica & Sicurezza
Per sviluppare una rete ciclabile sono necessarie una segnaletica chiara e misure di sicurezza adeguate, soprattutto nelle intersezioni. Aspetti su cui Roma ha dimostrato in più occasioni di non essere all’altezza (un esempio su tutti: il nodo ciclabile nel tunnel di Santa Bibiana che l’Amministrazione non ha mai risolto, ndr).
(Mancata) intermodalità e (parziale) integrazione con il trasporto pubblico
È importante coordinare la rete ciclabile con i mezzi di trasporto pubblico esistenti, come stazioni della metropolitana e fermate degli autobus, per rendere più agevole e conveniente l’utilizzo combinato di biciclette e mezzi pubblici. L’intermodalità andrebbe certamente incentivata in maniera più capillare rispetto allo stato attuale. Ultimamente in via sperimentale sono arrivate bike box in alcune stazioni delle metropolitana e c’è la possibilità per gli abbonati annuali ai mezzi pubblici di utilizzare gratuitamente i monopattini elettrici e le bici del bike sharing: ma quest’ultimo è un servizio fruibile praticamente solo in centro e siamo ancora molto lontani dalla piena attuazione della MaaS (Mobility as a Service), soprattutto per chi vive in periferia.
Queste sono soltanto alcune delle criticità con cui Roma deve fare i conti per poter sviluppare la ciclabilità sul proprio territorio: ma è in grado di farlo e, soprattutto, considera la bicicletta un mezzo da incentivare per migliorare la mobilità cittadina? Sembrerebbe proprio di no.
La lezione di Parigi
Piccola nota a margine: la bocciatura della candidatura di Roma per l’Expo 2030 è arrivata da Parigi, città in cui si teneva la cerimonia di assegnazione, gemellata con la Città Eterna, che l’anno prossimo ospiterà le Olimpiadi e lo farà all’insegna della ciclabilità, specialità in cui ha ottenuto risultati molto convincenti, tanto che nell’ultimo anno le presenze sulle piste ciclabili della Ville Lumière sono raddoppiate.
Per arrivare preparati ai grandi eventi occorre curare l’ordinaria amministrazione, lavorare giorno per giorno, avere una visione chiara e perseguirla con costanza nel tempo: una lezione che Parigi ha imparato molto bene mentre Roma, gemella diversa, evidentemente no.
la presa in giro che usano sempre è “vogliamo farla meglio” cosi si oppongono a qualsiasi progetto, addirittura interrompendo cantieri già avviati e finanziati dalla Comunità Europea come è successo per la Ciclabile Ostiense. Dei 2 km di tracciato sono stati realizzati a stento solo 700 metri rendendo l’opera inutilizzabile da chi vorrebbe far quel salto modale e abbandonare l’automobile. Di fatto anche disavvenendo agli impegni e ai fondi stanziati dalla Comunità Europea e anche già spesi. Possibile che non ci sia un commissario che si accorga di tutto questo? Manca una rete, manca la visione, manca la volontà. A chi giova tutto questo? al politichetto di turno che pensa solo al suo elettorato da accontentare senza una vera visione programmatica della città. Roma Capitale dell’insicurezza stradale e della Doppia fila
Le piste ciclabili create tra auto in parcheggio in fila e marciapiede potrebbero essere una soluzione ma nascondono 3 pericoli apparentemente invisibili.
1_Esiste sempre lo s****z* che apre lo sportello destro senza assicurarsi che non sopravvenga il ciclista. Accade comunque anche fuori dalle piste, sulla carreggiata con l’apertura degli sportelli di sinistra.
2_Frequentemente sporche perché difficili da essere pulite, possono provocare forature o scivoli su foglie bagnate.
3_Arrivati ad un incrocio, la presenza del ciclista è occultata dalle auto parcheggiate fino agli ultimissimi cm prima della fine della strada quindi un veicolo che fosse intenzionato a svoltare a destra non vede il ciclista e lo investe. Allo stesso modo il ciclista non vede il veicolo, anch’esso nascosto dalle auto parcheggiate e non presta la dovuta attenzione.
Non mi sembra che Milano se la cavi tanto meglio. La maggior parte delle piste ciclabili è semplicemente ricavata tracciando delle righe in terra, senza protezione dalle auto. Una vera assurdità è rappresentata dalla circonvallazione esterna riservata ai filobus: le moto vi possono circolare ad alta velocità, le bici no. Una pattuglia di vigili urbani mi ha ordinato di uscire da lì e di pedalare nel traffico automobilistico congestionato. In provincia, dove abito, piste ciclabili sono state ricavate sui marciapiedi ora in promiscuità con i pedoni anziché ridurre le carreggiate stradali.
Come molte altre volte in passato, si pensa ad ultimare il mandato “alla meglio” senza scelte audaci (divisive ma lungimiranti) e così la patata bollente passerà ai successivi, magari rimescolati, con alleanze stravaganti e programmi collage. E via, si ricomincia.
Commenti? Beh, direi che c’è poco da commentare