A Bad Gastein c’è veramente da rimanere a bocca aperta: lo si vede già da lontano perché il villaggio è aggrappato con le unghie con i denti, apparentemente senza motivo, al versante sud della montagna.
Dalla ciclabile dell’Alpe Adria è difficile spiegarsi il motivo per cui la strada debba necessariamente salire all’improvviso fino a 1000 metri. Mentre spingiamo forte sui pedali non riusciamo a darci una spiegazione: oltre all’altitudine cambia anche l’architettura che di repente inizia a esibire uno sfarzo fuori luogo e decisamente in contrasto con gli altri paesini visitati fino a quel momento.
Da una parte della strada una splendida chiesetta gotica ci ricorda la profonda impronta cattolica austriaca, dall’altra parte, una serie di alberghi sontuosi e risalenti agli ultimi due secoli, ci fanno capire che non si tratta di un luogo qualsiasi. Sui muri delle case veniamo avvertiti: qui visse Otto von Bismarck, qui era solito recarsi il compositore Robert Schuman, sulle pareti esterne di alcuni edifici si ricorda ancora la visita della principessa Sisi, di re Sauditi e quant’altro.
Il mistero ci viene svelato dalla cascata, maestosa, che sega in due il villaggio e in cui, si dice, l’infrangersi dell’acqua sulle rocce sottostanti creerebbe una produzione di ioni negativi (non chiedetemi di più ché io ho studiato scienze politiche) particolarmente utili al nostro corpo e alla respirazione.
Pernottiamo qui e la mattina, di buon ora, ci rimettiamo sulla strada che sale ancora, nonostante i 1000 metri a cui siamo già arrivati. Dopo 6 km di salita arriviamo a Böckstein, una località totalmente anonima se non fosse per la ferrovia che dal 1909 ad oggi la collega alla parte meridionale dell’Austria grazie a un tunnel lungo 8 km. Qui non ci sono strade o ciclabili: chiunque voglia andare verso il paese successivo, Mallnitz, deve necessariamnte caricare il proprio mezzo di trasporto (bici, auto o moto che sia) sul treno e farsi portare dall’altra parte del tunnel. Anche questo è Eurovelo 7…
Scesi dal treno, la vista è sorprendente: davanti a noi si apre una vallata da godere attraverso un discesa goduriosissima durante la quale riesco a raggiungere una rispabilissima velocità massima di 73 km/h.
Da qui in poi è tutto un rotolare fino a valle seguendo i cartelli che indicano il percorso della ciclovia dell’Alpe Adria per zompettare di tanto in tanto da una parte all’altra del fiume Möll.
A Möllbrücke ci fermiamo per un boccone in uno dei tanti posti che offrono pressochè qualunque tipo di servizio alle miriadi di ciclisti che ogni giorno passano di qui: dalle rastrelliere per parcheggiare le bici, fino a alle cartine delle ciclabili della zona, per non parlare degli attrezzi necessari per eseguire riparazioni di fortuna.
Questa apertura al cicloturismo sembra d’altronde una scelta obbligata: per quanto questi paesini della Carinzia siano estremamente curati e pittoreschi, senza i ciclisti, probabilmente ben pochi si fermerebbero a mangiare e dormire da queste parti. Tutti punterebbero dritti verso Salisburgo o verso le altri grandi attrazioni della regione. Ma noi abbiamo per fortuna scelto di muoverci con un ritmo diverso e questo ci consente di godere della straordinaria esoticità di questo paese in cui la tradizione riesce a cconvivere con la modernità in un continuo paradosso apparente.
Qui inizia per noi la ciclabile della Drava che ci tocca risalire, per fortuna sospinti da un vento favorevole. E, dopo una ventina di km, ci ritroviamo allo svincolo per Weissensee, la nostra quarta Perla delle Alpi. La strada inizia subito con un pessimo presagio e questo ci costringe a fermarci immediatamente per un affogato al caffè (che qui chiamano “Icecaffee”) per racccogliere le energie necessarie.
La salita alla fine è meno dura di quanto pensassimo: si tratta di 300 metri di dislivello in 5 km e, una volta rotto il fiato, si sale tranquilli: dei 15% di pendenze indicate dal cartello, neppure l’ombra. Arriviamo in cima che è il crepuscolo e non ci resta altro da fare che dirigerci verso l’hotel che scopriamo essere un vero e proprio Bike Hotel (alleluja).
Subito dopo il check in laviamo e lubrifichiamo le biciclette e le riponiamo nello stanzino dedicato dietro l’edificio. Poi, dopo essere andati in stanza e aver fatto la doccia, ci informiamo alla reception sulle possibilità di realizzare un’esccursione per il giorno succcessivo. Nessun problema: basta essere alle 9 al bar dell’hotel e Wolfgang ci guiderà prima sui sentiere per la mountain bike attorno al lago (Weissensee significa, infatti, “Lago Bianco”) per godere della visione dall’alto e poi, lasciate le MTB in centro, con delle biciclette a pedalata assistita andremo in una fattoria vicina per scoprire come si fa il burro.
Ci sediamo a tavola per la cena. Qui il buffet dell’insalata è gigantesco, mentre la scelta delle portate per il resto della cena è positivamente limitata: puoi scegliere tra A e B, dove A è sempre e comunque vegetariano e B è a base di carne o pesce. Qualunque cosa tu scelga prima di mangiarlo vieni rassicurato sulla provenienza di quello che stai per introdurre nel tuo corpo (è un’ossessione da queste parti): e allora la birra è di un piccolo birrificio a valle, il maiale è allevato da una fatttoria a 15 km sull’altro versante e l’acqua è rigorosamente, sempre e solo del rubinetto.
Peter, il proprietario è brillante e simpatico, nervoso e ossuto come un tipo da gran fondo e dopo cena mi racconta che il suo Arlberger Hof è stato il primo bike hotel dell’Austria, realizzato circa 20 anni fa quando i suoi genitori rischiavano di chiudere per l’improvviso crollo di affluenza. Lui allora iniziò prima a mappare i sentieri di MTB e a organizzare escursioni per i propri clienti per poi aprire al noleggio bici, di qualunque taglia e tipologia.
Lo guardo mentre mi parla, ha la corporatura da scalatore e sono felice di sapere che domani non sarà lui ad accompagnarci per i sentieri.
“A darmi una grande mano – dice – è stato il sistema Alpine Pearls: due terzi del circondario del lago è chiuso al traffico e i parcheggi sono molto cari, questo ha portato la bicicletta ad essere lo strumento principale per muoversi nella zona. Io ero già pronto per accogliere i clienti. Tutto quello che devo fare è pagare un Euro a persona per notte e in cambio ci sono una serie di servizi che portano in giro i miei clienti gratis per fare escursioni a piedi o in bicicletta. Cosa posso volere di più?”.
Quando gli chiedo come vadano le cose, se essersi costituito in bikehotel porti effettivamente denaro e clienti, lui invece di rispondermi mi porta a vedere la sua specialissima, una Scott full carbon da 6 kg, del valore di 12 mila euro. Non serve aggiungere altro.
“La chiave per il successo è stata l’alleanza con le testate giornalistiche del settore bici”, dice. “Qui noi abbiamo sempre vissuto del turismo della neve, da quando ho convertito la struttura in bike hotel ho due alte stagioni all’anno”.
A quel punto si siede con noi un tizio che scopro essere Valentin Zeller, ex professionista, ha partecipato per ben due volte alla Race Across America e detiene il record mondiale di dislivello massimo pedalato in 24 ore: 19.000 metri! Io lo sommergo di domande su come si possa pedalare praticamente senza pause per quasi cinquemila km, e lui invece mi chiede come si faccia a pedalare con biciclette che possono arrivare a pesare 50 kg in casi estremi. Punti di vista…
All’indomani, dopo una colazione pantagruelica ci incontriamo con Wolfgang e partiamo per i sentieri del circondario. L’itinerario che ci mostra richiede delle gambe buone e, dopo una scalata di una mezz’oretta buona, si apre ai nostri occhi una vista mozzafiato sul lago.
Ma la parte migliore arriva in discesa, dove apprezziamo la qualità delle mtb a nostra disposizione: telai in alluminio con componentistica Shimano Deore – XT, etc.
Dopo un giro di una dozzina di km andiamo a cambiare le cavalcature: questa volta tocca a delle bici a pedalata assistita che ci servono per andare a una fattoria lì nei dintorni.
Qui ci aspetta Adolf, un contadino ribelle che ci mostra come si fa il burro violando le direttive CE ed evitando il processo di pastorizzazione che, a suo dire, altro non fa che impoverire il latte delle sostanze nutritive fondamentali. Adolf (sì, il nome fa rabbrividire anche noi) ci dice che la quasi totalità del latte presente in commercio è prodotto da vacche che arrivano ad un’età massima di 4 anni, come se fossero macchine da produzione, mentre le sue vacche raggiungono anche i 20 anni di età.
Il sapore di quel burro, effettivamente, è sensazionale e ci viene da chiederci se, in effetti, non abbia ragione lui e se non sia arrivato il momento di smettere di fidarci più delle multinazionali dell’alimentazione che non dei picccoli produttori che da sempre producono cibo nello stesso modo.
Pedaliamo di nuovo verso l’hotel dove ci concediamo un po’ di riposo e approfittiamo dell’officina dell’hotel per fare un po’ di manutenzione alle nostre biciclette.
All’indomani si riparte, è arrivato il momento di tornare in Italia. per attraversare l’Alto Adige.
Il nostro viaggio attraverso le Perle delle Alpi:
1. Introduzione
4. Werfenweng
Probabilmente questa estate farò Salzburg – Grado e quindi anche un pezzo da voi descritto, utilissimo! Grazie