Il cuore di un automobilista è più affaticato e ben più stressato di quello di un ciclista. Può sembrare un paradosso. L’automobilista è, in fin dei conti, fermo in auto, seduto sul sedile e compie ben pochi movimenti. Il ciclista invece deve pompare una grande quantità di sangue ai muscoli delle gambe, che devono spingere sui pedali. Eppure numerose ricerche scientifiche stanno facendo luce sul fatto che guidare sia un’attività estremamente stressante, con numerose ricadute negative sull’apparato cardiovascolare.
“Due cuori” a confronto
Partiamo da uno studio scientifico sul cuore dell’automobilista, dal titolo “Some effects of motor-car driving on the normal and abnormal heart”. Lo studio è stato condotto nel 1969 e già allora mostrava gli effetti deleteri che la guida di un’automobile ha sul cuore. Cerchiamo di fare un parallelo tra Marco, alla guida della sua auto, e Fabio che sta pedalando vicino a lui.
Il cuore di Fabio batte, in una pedalata di 10 km, dai 130 ai 150 battiti al minuti in media (dipende da intensità, dislivello, forma fisica ma la media è quella). Battito che produce adattamenti fisiologici positivi come:
- ipertrofia del cuore;
- inspessimento delle pareti dei ventricoli;
- aumento della gittata;
- riduzione della frequenza a riposo.
Vi è la possibilità che il cuore di Fabio sviluppi delle placche arteriose, determinate dall’eccesso di allenamento di resistenza aerobica. Ma, come ho raccontato in questo articolo, spesso si tratta di situazioni benigne che posso essere tenute agilmente sotto controllo.
Il cuore di Marco, in media, durante un percorso di guida lungo 10 km batte a 140 battiti al minuto. Un cuore che pulsa a 140 battiti mentre il corpo é fermo è sintomo di un’eccitazione abnorme del sistema nervoso autonomo simpatico, quello della risposta “fuggi o lotta”. Attivazione che, è stato visto, rimane elevata anche dopo aver parcheggiato e che non produce alcun miglioramento fisiologico positivo.
Gli effetti del “piacere della guida” sul cuore di un automobilista
Mi fanno ridere le pubblicità di auto, che mostrano automobilisti che guidano in centri città senza traffico, che si rilassano alla guida. Ancora di più mi fanno sorridere claim pubblicitari come “Diventa ciò che sei”, “Scopri il piacere della guida”, “Sii diverso dagli altri” (come se gli altri non fossero incolonnati insieme a te). Se andiamo a vedere i dati dello studio sugli effetti della guida sul cuore dell’automobilista, emerge una situazione ben più preoccupante.
Altro che riscoprire il piacere della guida: quando saliamo in auto stiamo letteralmente facendo il bagno nel cortisolo (ormone dello stress) e nelle catecolammine (ormoni legati all’eccitazione).
È per questo che chiunque, alla guida in mezzo al traffico, diventa una bestia che prenderebbe a pugni persino i bambini che attraversano la strada. Perché l’iperattivazione del sistema nervoso simpatico produce una cascata ormonale che manda un segnale ben preciso all’organismo: siamo in pericolo, prepariamoci a lottare. Questa reazione è “cablata” nel nostro DNA ed è quella che ci ha permesso di sopravvivere nella preistoria, in un ambiente decisamente ostile. Solo che oggi, nel mondo sicuro e moderno, mantenere elevata l’eccitazione del sistema nervoso simpatico produce una serie di ricadute negative sul benessere psico-fisico.
Lo stress è la malattia silente del nostro millennio e ogni volta che ci mettiamo alla guida in città non facciamo altro che peggiorare la situazione.