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Ci svegliamo la mattina, il cielo sopra Weissensee è grigio. C’è vento. La voglia di girarsi dall’altra parte è tanta, ma con la dovuta calma lasciamo la nostra stanza e andiamo a fare colazione. Ce la prendiamo comoda: tra uno yogurt alla frutta e un caffè sfogliamo le riviste di bici che sono sparse più o meno ovunque.
La voglia di partire è poca e, ad aumentare il senso di pigrizia, ci si mette anche un dolore al ginocchio destro, segno che probabilmente il giorno prima ho pedalato con la sella troppo bassa.
Ci beviamo un’altro succo di frutta e scambiamo quattro chiacchiere con Peter. Dice che oggi dovrebbe piovere. “Che palle” è l’unica cosa che mi viene in mente.
Verso metà mattinata saliamo finalmente in sella: il confine con l’Italia è lì a pochi km, ma bisogna risalire il fiume Drava proprio nel punto più ripido. Le scuse che troviamo per non pedalare sono sufficienti per convicerci a scendere fino a valle lasciandoci trasportare dalla morbida discesa. A Greifenburg saliamo sul treno verso il confine con l’Italia e in un paio d’ore siamo già a San Candido, in territorio italiano. Noi tiriamo dritti fino a Dobbiaco.
Qui inizia lo shock culturale: siamo finalmente arrivati in Italia da pochi minuti, ma alla reception dell’ostello ci accolgono con il solito Servus. Noi rispondiamo in tedesco, questione di abitudine, ma piano piano iniziamo a introdurre parole in Italiano. Il nostro interlocutore non si scompone e alterna una frase in italiano dall’accento marcatamente germanizzante a un tedesco dal chiaro accento meridionale.
Passata la notte, la mattina partiamo di buon ora: il sole splende su di noi, il ginoccchio è tornato a posto e la strada è tutta in discesa.
Arriviamo a Brunico, una graziosa città dove, in un centro storico liberato dal traffico automobilistico e invaso da pedoni e ciclisti, ci concediamo finalmente una pizza accompagnata da un bicchiere ghiacciato di Gewürztraminer. “Viva l’Italia”, mi viene da dire, così bella, così diversa da se stessa.
Facile, no?
La salita verso Vipiteno è dolce ma costante, seguendo il percorso dell’autostrada (in questo momento totalmente congestionata da una chilometrica processione di scatolette incolonnate), la ciclovia evita accuratamente di entrare all’interno di tutti questi paesi dal doppio nome. Per questo riusciamo a mantenere una buona media, senza grandi pause.
A Vipiteno/Sterzing lasciamo le auto in processione verso il confine austriaco al loro destino e puntiamo dritti verso il centro città che ci meraviglia per la sua bellezza romantica costruita nell’arco dei secoli dal passaggio di carovane di mercanti diretti oltralpe e arrestata prima dell’arrivo della ferrovia nel 1867 e poi dallo scoppio della Grande Guerra nel 1914. Qui la bicicletta è padrona della mobilità cittadina: piste ciclabili e zone 30 sono ovunque e il centro storico pedonalizzato ci rende impossibile ogni resistenza. Davanti alla Zwolfer Turm che divide la città nuova da quella vecchia ci sediamo per rispettare una tipica tradizione tedesca, il caffè e torta pomeridiani.
Appena usciti da Vipiteno, inizia la valle di Racines/Ratchings, quinta perla delle Alpi che si estende fino al passo Giovo. Per liberare i visitatori dalla dipendenza dall’automobile, gli uffici del turismo locali si sono inventati la Tour Card, una carta che, al costo di 30 € per 3 giorni o di 40 € per 5 giorni, offre l’opportunità ai turisti di accedere gratuitamente a numerosi servizi tra cui noleggio bici, trasporti pubblici in tutto l’Alto Adige e ingresso in musei e attrazioni turistiche. La Tour Card viene essere rilasciata in ogni hotel della zona.
Lasciamo passare la notte e andiamo a letto con il dubbio sul da farsi: la nostra strada porta verso ovest, tra noi e la Val Passiria dove ci aspetta la sesta perla c’è il passo di Giovo, 2.099 metri di sconcertante maestosità. Il dubbio è se pedalare fino alla cima, oppure caricare le bici sull’autobus che alle 9:33 parte dal centro di Vipiteno e cavarcela così, con pigrizia, per poi godere della discesona successiva.
In un paio d’ore che sembrano non finire mai arriviamo in cima al passo dove ci copriamo con tutto quello che abbiamo a disposizione e ci lanciamo giù per una discesa goduriosissima che, da quasi 2100 metri, ci porta ai 700 metri di San Leonardo in Passiria.
Infreddoliti e affamati ci fermiamo a mangiare un gigantesco strudel di mele che, contrariamente a quanto avviene nel resto della penisola, viene servito povero di cannella e di zucchero.
Da San Leonardo mancano ancora pochi chilometri alla prossima perla, Moso in Passiria che ci aspetta a mille metri di altitudine, nascosta su una strada poco percorsa e che porta dritta in Austria dopo aver attraversato il poco conosciuto passo Rombo. Moso in Passiria è il paradiso del trekking e basta guardare le scarpe dei più anziani del paese per capirlo facilmente.
Il cielo è stracarico di pioggia e nella placida tranquillità di questo borgo alpino troviamo una locanda che ci accoglie con una Forst ghiacciata.
Mentre io affronto un piatto di canederli in brodo, la nostra nazionale di calcio se le fa suonare di santa ragione da quella del Costa Rica. Arrivati al dolce, le facce deluse dei presenti mi fanno capire che lo spirito nazionale non è una questione di idioma. Chiudo la cena con una grappa corroborante.
Ci stiamo avvicinando allo Stelvio e dobbiamo essere in forma, forse è meglio se me ne faccio un’altra.
Il nostro viaggio attraverso le Perle delle Alpi:
1. Introduzione
4. Werfenweng
5. Weissensee
Bravi! Ben scritta e affascinante. Lo farò anch’io tutto o parte del vostro giro. Sono informazioni anche utili per chi pedala