Salute

Zone di allenamento: la guida definitiva

Zone di allenamento: ecco una guida completa per districarsi tra le varie definizioni e le differenti zone. In questo articolo andremo a vedere cosa sono le zone di allenamento, come funzionano e come applicarle nella nostra preparazione atletica.

Che cosa sono le zone di allenamento

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Le zone di allenamento sono dei limiti artificiali, impostati da ricercatori e professionisti dell’allenamento, che indicano una generalizzazione dell’allenamento al quale ci stiamo sottoponendo. Partendo dal fatto che il nostro corpo, in base all’intensità alla quale stiamo pedalando, reagirà in maniera differente, categorizzare tali intensità permette di determinare lo stimolo al quale stiamo sottoponendo l’organismo e gli adattamenti conseguenti.

Infatti il nostro corpo risponde agli stimoli allenanti secondo il principio del SAID (Specific adaptation to imposed demands): la risposta è specifica in base allo stimolo applicato. Ciò ci permette di capire che le zone di allenamento sono un artificio, basato sulla fisiologia, che ci permette di comprendere come allenarci per ottenere i miglioramenti necessari a portarci alla massima forma possibile. Dobbiamo comunque capire che le zone di allenamento non sono una regola dogmatica e soprattutto vi è molta confusione tra di esse, perché alcuni autori le propongono in differenti schemi e metodologie. Per capire bene come allenarsi con le zone di allenamento, dobbiamo prima aver chiaro come funziona il nostro organismo durante l’allenamento.

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Come funziona il nostro organismo quando ci alleniamo

Quando ci alleniamo il corpo va incontro a una perturbazione dell’omeostasi, cioè dell’equilibrio di tutti i sistemi energetici. Per cercare di compensare, avvia una serie di modifiche per far fronte alle diverse richieste energetiche:

  • La prima è aumentare il battito del cuore, per pompare più sangue ossigenato ai muscoli;
  • La seconda è aumentare il contributo di energia prodotta da uno dei tre metabolismi (anaerobica alattacido, anaerobico lattatico e aerobico);
  • Modificare il consumo di grassi o zuccheri a scopo energetico a seconda dell’intensità sostenuta;

Le risposte a livello biochimico

Ovviamente questi aggiustamenti provocano delle risposte a livello biochimico nel corpo, che possono essere misurabili:

  • All’aumentare dell’intensità il consumo di glucosio aumenta a sfavore di quello dei grassi e ciò è misurabile con un metabolimetro, poiché il quoziente di respirazione delle due molecole è differente;
  • All’aumentare dell’intensità o all’incrementare del tempo a tale intensità vi sarà un contributo maggiore delle fibre di tipo 2, rapide e potenti, che però tendono a sfruttare maggiormente i metabolismi anareobici, per cui si avrà accumulo di lattato nel sangue, che può essere misurato;
  • Con il proseguire dell’allenamento i battiti del cuore tenderanno ad aumentare per via della deriva cardiaca;
  • La respirazione si farà più concitata e le capacità cognitive come il pensiero saranno ridotte;

Dobbiamo però capire una cosa: il corpo non ragiona a compartimenti stagni e non conosce le zone di allenamento. Il corpo non ha idea di cosa sia la Z2 o la Z4. Tutti i sistemi energetici sono sempre attivi nello stesso momento, ciò che cambia è la percentuale di energia che viene prodotta dal singolo sistema energetico. Così come il lattato viene sempre prodotto dall’organismo, solo che a un certo punto di intensità la capacità di metabolizzarlo non è adeguata rispetto alla sua produzione e quindi si accumula nel sangue.

Zone di allenamento

Partendo dalla fisiologia, possiamo quindi prendere degli spunti utili per allenarci in maniera ottimale con le zone di allenamento:

  • Le zone di allenamento sono soggettive e dipendono da genetica e forma fisica del momento. Non possiamo basarci su zone di allenamento dei nostri compagni. Inoltre comparare la frequenza cardiaca o la potenza espressa da un compagno nel nostro stesso momento è totalmente inutile;
  • Le zone sono dei range molto ampi e sono indicative. Pedalare nel centro di una zona provocherà degli adattamenti diversi dal farlo al limite superiore o inferiore di essa, nonostante tecnicamente siamo sempre nella stessa zona;
  • Le zone vanno calibrate sullo strumento che utilizziamo. Se usiamo il cardiofrequenzimetro dovremo fare un test LTHR, se usiamo il sensore di potenza dovremo fare un test FTP. I professionisti allenano le zone ad alta intensità con prelievi di lattato, per capire concretamente se si stanno allenando nella zona corretta;
  • Allenarsi nelle differenti zone provoca adattamenti differenti. Come definito dallo studio “The Effect of Different High-Intensity Periodization Models on Endurance Adaptations” (Applied Science, 2016), andare a modificare le zone di allenamento provoca modifiche negli adattamenti che però a volte non possono essere tenute sotto controllo poiché vi è un’altissima variabilità individuale.

Capire le zone di allenamento

Ora che abbiamo compreso cosa sono le zone, andiamo nel ginepraio della terminologia. In questa tabella vi mostro come diversi autori abbiano prodotto terminologie differenti:

Due zoneTre ZoneCinque ZoneSette Zone
AerobicaEnduranceRecuperoRecupero
AnaerobicaSoglia del lattatoEnduranceEndurance
Sopra la soglia del lattatoTempoTempo
LattatoLattato
VO2maxVO2max
Capacità anaerobica
Potenza

Come potete vedere è un bel caos. Ma come possiamo capire bene le zone di allenamento? Tralasciando la definizione a due zone, che è stata creata negli anni ’80 e si basa su un paradigma che, come abbiamo visto non è realistico, usiamo la distribuzione a tre zone per capire come strutturare l’allenamento.

Zona 1: Dominio Moderato

La zona 1, detta del dominio moderato, è quella dove pedaliamo e il consumo di ossigeno rimane costante e allo stesso momento l’accumulo di lattato è stabile.

Questa zona racchiude la Z1-Z2 del modello a 5 zone e la Z1-Z2-Z3 del modello a 7 zone. Pedalando a questa intensità si usano grassi e glucosio e si arriva anche alla massima capacità di uso dei grassi, fat max, che è in S2. Se aumentiamo leggermente l’intensità incrementiamo l’uso di glucosio e quindi la produzione di lattato, che però non esce al sangue e quindi non possiamo misurarlo. In questo momento stiamo utilizzando principalmente le fibre lente dei nostri muscoli.

Questa è la zona detta anche lactate steady state, cioè quella dove possiamo pedalare per lungo tempo senza che vi siano alterazioni eccessive del lattato.

È la zona che ci aiuta a costruire un’adeguata base aerobica e migliorare la funzionalità mitocondriale.

Zona 2: Dominio intenso

Man mano che l’intensità aumenta, ci spostiamo verso il dominio intenso, che è paragonabile a Z3-Z4 del modello a cinque zone e Z4-Z5-Z6 del modello a 7 zone. Qui il consumo di ossigeno aumenta anche se non varia l’intensità. Le fibre lente arrivano a limite e si usano fibre rapide: immaginate di guidare un’auto ibrida, che smette di usare solo le batterie ma che comincia a consumare benzina. Non si riesce a parlare.

In questa zona andiamo ad allenare la capacità di generare lattato e di smaltirlo, migliorando la capacità di pedalare in soglia per lunghi periodi.

Zona 3: Dominio severo

Quindi entriamo nel dominio severo, con alto consumo di glucosio e scarso apporto di grassi. Avremo glicolisi anaerobica, con piruvato che fermenta e si trasforma in lattato. Questo limite dipende dalla capacità di uso del lattato. Le fibre lente si stancano e usiamo quasi solo le fibre veloci, per poi arrivare a utilizzare prettamente il metabolismo anaerobico alattacido. Qui alleniamo la potenza aerobica massima, che è la potenza più alta che porta all’essurimento del massimo consumo di ossigeno.
E’ importante ricordare che pedalando in questa zona non si allena l’economia del gesto perché si usano tutti i muscoli e spesso la pedalata è scoordinata e poco efficace.

Zone di allenamento: concludendo

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