Salute

Fotografia di un Paese che (non) ama lo Sport

È uscito l’ultimo rapporto Istat su sport, attività fisica e sedentarietà nel nostro Paese, che analizza in che modo gli abitanti del Belpaese praticano sport. Ho letto un po’ i dati e ho l’impressione che si tratti di una fotografia di un Paese che (non) ama lo Sport.

I dati dello Sport in Italia

Alcuni dati sono confortanti: per esempio la percentuale di persone che pratica sport con regolarità è aumentata negli ultimi vent’anni, passando dal 59,1% del 2001 al 66,2% del 2021. Si è ridotto del 30% il gap di genere rispetto a vent’anni fa e ciò significa che ci sono sempre più donne che praticano un’attività fisica strutturata.

I dati però devono essere letti in maniera più attenta. Se prendiamo la percentuale di persone che in Italia pratica attività fisica sportiva, il 16,8% di queste effettua meno di una seduta a settimana che, a livello di adattamenti fisiologici, è forse troppo poco per ottenere dei reali miglioramenti a livello di performance sportiva e di salute fisica. Io non riuscirei nemmeno a considerarli sportivi e li includerei nella categoria dei mediamente sedentari. Il 49% di chi afferma di praticare sport effettua una seduta di allenamento settimanale.

Fotografia di un Paese che non ama lo sport

Oltre a questo c’è un dato ben più grave: la pratica sportiva dei ragazzi tra i 3 e i 17 anni è crollata (siamo passati dal 51,3 al 36,2%). Di pari passo è aumentata la sedentarietà nei ragazzi. Questo dato dovrebbe far accendere numerosi allarmi, perché una popolazione giovane sempre più sedentaria significa avere una futura generazione adulta sempre più malata.

Siamo un paese che (non) ama lo Sport?

Quasi 2/3 degli italiani (quasi 40 milioni di esseri umani) non effettua nemmeno 30 minuti di attività fisica strutturata a settimana. Aggiungiamoci il tasso di motorizzazione della popolazione più alto d’Europa e la tendenza al sovrappeso sempre più dilagante e abbiamo ottenuto il cocktail perfetto.

Un cocktail perfetto per favorire l’aumento delle patologie croniche non trasmissibili, come diabete, infarto del miocardio, ipertensione arteriosa.

Ma questo sembra non interessare a nessuno. Perché nel nostro Paese la parola salute significa solo curare chi è malato e non mantenersi sani. E questo approccio ha un costo spropositato di 14 miliardi di euro all’anno, che non accenna a diminuire.

La minoranza rumorosa di chi fa sport

Quando mi confronto con amici o conoscenti che non fanno sport, noto come sia difficile far comprendere le ragioni che mi spingono a praticare attività fisica regolare. Soprattutto quando affermo di farlo senza alcun obiettivo agonistico ma solo per mantenermi in salute.

Spesso queste mie motivazioni vengono viste come futili o liquidate con una scrollata di spalle. E invece voglio ringraziare chiunque faccia sport con regolarità.

Ogni volta che incrociate un ciclista, anziché pensare dentro di voi che meriteremmo di essere presi sotto, dovreste ringraziarlo. Quando vedete un runner correre la sera d’inverno, anziché pensare che è matto, dovreste ringraziarlo. Quando vi raccontano i sacrifici fatti per raggiungere un obiettivo nello sport, anziché pensare a “chi te lo fa fare”, dovreste ringraziare.

Ringraziare perché è grazie a quell’attività fisica regolare che manteniamo i nostri corpo e le nostre menti in salute ed evitiamo che il sistema sanitario nazionale collassi sotto il peso di una popolazione totalmente sedentaria e malata.

Leggi qui il report ISTAT

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Commenti

  1. Avatar Luca Innocenti ha detto:

    Non mi sorpende la diminuzione chi pratica sport. Mi spiego: ho 62 anni, da sempre pratico ciclismo e sci .Ultimamente però ho abbandonato il ciclismo su strada in favore di quello nei boschi con la emtb da “enduro ” .Aria pura, divertimento, no macchine, no autisti che guidano con il cellulare, no camion paesaggi da favola che potevi vedere solo in foto o nei documentario. Vivo a Bergamo e
    fortunatamente ci sono tanti posti stupendi per questo tipo di attività. Certo, anche in questo sport ci sono pericoli, ma preferisco rischiare di abbracciare un faggio che il contatto con una macchina.(come mi è già capitato ) Detto questo, io non potrò mai consigliare di correre o pedalare ai miei figli, nipoti o amici..è troppo pericoloso, nei brevi tratti di strada che mi separano dai boschi vedo autisti che ti sfiorano,entrare e uscire interi daun rondò è come vincere al lotto .E credetemi non esagero . Luca

  2. Avatar Andrea ha detto:

    La cosa più allarmante è lo sport tra i giovani: la scuola non è strutturata per far praticare attività ai ragazzi (cosa sono 2 ore alla settimana, che spesso saltano per i motivi più disparati?) e come sempre tutto ricade sui genitori.
    Genitori che per motivi vari fanno fatica a portare i loro ragazzi di qua e di là a fare sport e pagare le quote e i materiali.
    Per questo bisognerebbe fare lavorare insieme scuola e società sportive in modo che finite le lezioni sia tutto organizzato per portare TUTTI gli alunni a praticare qualcosa. Anche a costo di ridurre le ore settimanali di lezioni, anche lo sport è cultura.

  3. Avatar Flavio ha detto:

    Confermo in tutto quello che dici.
    Ho 60 anni e da quando avevo 9 anni pratico attività sportiva regolare.
    Ho svolto tanto agonismo prima con il pattinaggio da corsa a rotelle (molti non sanno nemmeno che esiste una tale disciplina sportiva) e dal 1988 in bici da corsa.
    Non ho mai lasciato l’attività sportiva ma trovo una enorme difficoltà a condividere questa passione salutare con amici parenti o colleghi in pratica non trovo mai nessuno e i miei allenamenti li seguo assolutamente da solo.
    Molte sono le giustificazioni ma io penso che sia dovuto a una educazione culturale e familiare.
    Tanti anni fa (2013) mi sono trovato per lavoro a Lima in Perù e mi sono meravigliato quando ho visto tantissima gente praticare sport (in prevalenza jogging ma anche ciclismo) per le strade della città.
    Ovviamente anche io mi sono aggregato di tanto in tanto.
    Era gente di qualsiasi età dai più giovani agli anziani.
    Qui invece niente di tutto ciò.
    Abito a Bologna e anche qui il fenomeno non cambia.
    Questo mi rattrista un po’ ma io… continuo ad allenarmi.

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