Salute

La fatica in bicicletta (e come farne meno)

“Il ciclismo è fame, sudore, sofferenza, freddo e pioggia. E poi c’è la fatica”, diceva un vecchio ciclista (nel senso di corridore, non di meccanico) della mia zona, quando raccontava delle sue avventure da dilettante nell’immediato secondo dopoguerra. Che il ciclismo sia uno sport di fatica è noto a tutti (si pensi ai randonneur o agli ultraciclisti che si sparano giorni e giorni di pedalate senza mai staccare) ma se questo è vero per i corridori, lo deve essere anche per noi comuni ciclisti quotidiani? Insomma, è proprio scontato che in bici si debba faticare, senza possibilità di miglioramento? Tralasciando il passaggio a una bici a pedalata assistita, utilizzando degli accorgimenti è possibile aumentare notevolmente il comfort in bicicletta, migliorarne il funzionamento, incrementare la confidenza e diminuire la fatica percepita.

Indice
Perché facciamo fatica in bicicletta
Tipologie di fatica in bicicletta
Si può vincere la fatica?
Fatica in bicicletta: accorgimenti sul mezzo meccanico
Fatica in bicicletta: migliorare lo stile di guida
Fatica in bicicletta: aumentare l’efficienza organica
Fatica in bicicletta: concludendo

Perché facciamo fatica in bicicletta

Fare fatica in bicicletta

Non è solo l’effettivo pedalare che consuma la nostra energia durante l’utilizzo della bicicletta, bensì intervengono altri fattori. Tra questi si possono elencare la forza di gravità, che ci spinge verso il basso, la resistenza indotta dall’aria, l’attrito degli pneumatici sull’asfalto che impedisce l’avanzamento, le frizioni generate dallo scorrimento degli elementi della bici in movimento, la nostra costante ricerca dell’equilibrio, le caratteristiche del percorso. Inoltre vanno considerati i fattori climatici quali la temperatura, l’altitudine, la tipologia di terreno, il dislivello e quelli personali come l’età, il grado di forma fisica, il tipo di pedalata. Tutte queste variabili possono aumentare il consumo energetico del ciclista, anticipando la sensazione di fatica.

Il nostro organismo, per adattarsi e vincere le forze (o i carichi) imposti dall’uso della bicicletta, sollecita in maniera sempre più intensa i muscoli, il cuore e i polmoni. I muscoli bruciano i grassi del corpo, il cuore aumenta la frequenza delle pulsazioni, i polmoni lavorano affinché il sangue sia più ossigenato, un lavoro continuo e incrementale che porta alla produzione di acido lattico da parte dei muscoli che ne diminuisce l’efficienza, al consumo di sostanze energetiche (come il potassio), all’extralavoro del cuore, al peggioramento della funzione del sistema nervoso, fino che sopraggiunge l’affaticamento (in casi estremi l’esaurimento).

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La fatica ci rende meno brillanti, ci demotiva e può rendere l’esperienza dell’andare in bicicletta una vera tragedia. In realtà la fatica è una componente essenziale dello sport, poiché durante l’allenamento noi stressiamo l’organismo, obbligandolo a effettuare sforzi più grandi della sua capacità di sopportazione. Durante la fase di riposo successiva, il nostro organismo lavorerà affinché possa essere preparato per sopportare quello sforzo, compiendo delle modificazioni al suo interno (i muscoli aumentano di volume, il cuore rallenta i battiti, il diametro delle vene s’ingrandisce, i polmoni si rafforzano). Il processo si chiama supercompensazione e senza la fatica indotta dall’allenamento non avverrebbe nulla, per ciò è importante.

Tipologie di fatica in bicicletta

uno che fatica in bicicletta

La fatica “lavora” in maniera globale sul nostro organismo, colpendo non solo i muscoli ma anche altri aspetti che vengono attivati durante l’uso della bici:

Fatica cardiorespiratoria

Lo sforzo muscolare fa aumentare il numero di battiti del cuore, la pressione sanguigna e il consumo di ossigeno. Queste condizioni sottopongono cuore e polmoni a un lavoro gravoso che nei meno allenati può condurre a sensazioni sgradevoli come tachicardia e mancanza d’aria.

Fatica muscolare

La fatica più riconoscibile. I muscoli, lavorando, consumano energia dai nutrienti, producendo elementi di scarto come l’acido lattico o altri metaboliti acidi che devono essere “lavati” dal sistema circolatorio. Superata la soglia allenante il sistema circolatorio non riesce più a dilavare i muscoli dai rifiuti prodotti, comportandone il progressivo affaticamento.

Fatica sensoriale

Il cervello invia miliardi di impulsi al minuto per gestire il lavoro dei muscoli ma anche quello di occhi, udito e degli altri sensi, tutti messi in allerta durante lo sforzo. Il prolungato utilizzo dei nostri sensi affatica il sistema nervoso.

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Si può vincere la fatica?

Come dicevamo il ciclismo è uno sport di resistenza, dove l’essere umano compie movimenti muscolari ripetitivi (il pedalare), che i tecnici chiamano “a catena cinetica chiusa”. Questi movimenti, ripetuti per un numero elevato di cicli, portano all’affaticamento dell’organismo. Ciò che ho appena scritto è un dogma. Eppure è possibile, adoperando degli accorgimenti, aumentare il confort in sella, eliminare o addolcire alcune delle variabili indicate nel paragrafo precedente, migliorare il nostro rendimento.
Questi accorgimenti o astuzie lavorano a 360°, comprendendo il binomio uomo-macchina, e si possono suddividere i tre categorie:

Mezzo meccanico: ovvero una serie di accorgimenti che migliorano l’efficienza della bicicletta;
Stile di guida: delle astuzie che aumentano la confidenza del ciclista e diminuisco la dispersione di energie;
Efficienza organica: in pratica il miglioramento della forma fisica del ciclista.

Vediamo in dettaglio 12 “trucchi” (sì, proprio come le 12 fatiche di Ercole) che possiamo applicare alla nostra bicicletta, al nostro stile di guida e su noi stessi per diminuire l’affaticamento in bicicletta. A dire il vero non si tratta proprio di trucchi da prestigiatore, piuttosto direi che sono delle realtà che vanno analizzate e calibrate e che fino a questo momento non avete tenuto in considerazione oppure non conoscevate.

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Fatica in bicicletta: accorgimenti sul mezzo meccanico

Per prima cosa mettiamo mano alla bicicletta. E’ più facile e i risultati sono immediati.

Scegliere un telaio della propria taglia

Esatto, le biciclette hanno la taglia, a volte indicata esattamente come quella dei vestiti (L, M, XL ecc..). Nelle mtb è frequente ritrovarla in pollici (18”,22”, 24”..) mentre nelle bici da corsa è rappresentata da un’indicazione numerica del tipo 52cc. Il numero sta a indicare la misura in centimetri della lunghezza dei tubi piantone e orizzontale, che a volte possono coincidere oppure no. E’ molto importante scegliere un telaio che vada bene per noi, poiché sbagliare la taglia di una bici aumenta in maniera drastica la dispersione di energia.

Infatti un telaio troppo piccolo ci porterà a “pedalarci in bocca”, ovvero a piegare troppo le ginocchia, affaticandoci e provocando l’insorgenza di problemi articolari. Un telaio troppo grande ci farà sforzare per riuscire a pedalare bene, inoltre ci obbligherà a sdraiarci sul tubo orizzontale per raggiungere il manubrio, affaticando la schiena e i lombari. La bicicletta perfetta è quella dove le misure del telaio, l’altezza della sella, l’altezza del manubrio e la distanza sella-manubrio siano state calcolate sulla base delle nostre quote antropometriche, una parolona che indica la misura della nostra altezza, del nostro busto, delle bacino da terra, la larghezza delle spalle e la lunghezza delle braccia.

Scegliere gli pneumatici adatti al tipo di terreno

Molto spesso in città vedo ciclisti che girano su vecchie mtb, con pneumatici tassellati dalle sezioni abbondanti. La tassellatura di uno pneumatico è studiata in modo da artigliare il terreno, per aumentare il grip (altresì detta aderenza). Se girate in città è inutile montare pneumatici pensati per “procurarsi” aderenza su terreni sconnessi e fangosi, poiché comporterebbe un aumento dell’attrito terreno-gomma e una dissipazione dell’energia. Meglio scegliere degli pneumatici pensati per l’uso su asfalto, magari con una sezione più piccola (e nel punto 3 vedremo perché) e con una mescola più dura. Gli attriti terreno-pneumatico diminuiranno e la forza da imprimere per vincerli sarà minore, con risparmio di energia.

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Girare con la pressione degli pneumatici sempre a posto

A parte la diminuzione della possibilità di forare, tenere sotto controllo la pressione degli pneumatici ci permette di ridurre le energie spese per far muovere la bicicletta. Infatti, se proiettassimo l’impronta dello pneumatico sul terreno, questa avrebbe la forma di un ovale allungato. Più l’ovale è grande, più fibre dello pneumatico vengono coinvolte nell’attrito con il terreno, dissipando l’energia impressa dalla nostra pedalata. Per diminuire la dimensione dell’impronta si devono per prima cosa scegliere pneumatici con sezione ridotta (mettere a confronto uno pneumatico da mtb e uno da ciclismo su strada e misuratene la larghezza) e tenere una pressione di gonfiaggio alta. Più è alta la pressione dell’aria all’interno della camera, più questa sarà rigida e meno deformabile, diminuendo la porzione di pneumatico che s’interfaccerà con il terreno e di conseguenza l’impronta a terra, riducendo le fibre della carcassa sotto sforzo.

Curare la lubrificazione

La bicicletta è un mezzo meccanico, dove componenti in metallo lavorano tra di loro per generare il movimento. La frizione metallo su metallo genera attriti resistenti che devono essere vinti dal ciclista, applicando una forza maggiore in grado di vincere la resistenza. La lubrificazione ha appunto il compito (oltre a proteggere dalla corrosione e dal dilavamento) di diminuire gli attriti di scorrimento. Lubrificare correttamente mozzi, trasmissione, cuscinetti, permette di mantenerli efficienti e scorrevoli diminuendo la forza da applicare per vincere gli attriti interni.

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Fatica in bicicletta: migliorare lo stile di guida

Diciamolo pure, un conto è pedalare, un altro è farlo bene. Ma non c’è solo questo, quando si usa una bicicletta. Modificando il modo di stare in sella, di frenare e ripartire, di tenere la bicicletta, si può diminuire la fatica, aspetto dettato anche dall’aumento della confidenza con il nostro mezzo.

Pedalare agili

Per agilità, quando si usa la bici, s’intende la capacità di effettuare un elevato numero di pedalate al minuto. Uno degli errori dei ciclisti su strada amatoriali è quello di prendere e partire con il rapporto più lungo (di solito 54×11) possibile, tirandolo fino allo sfinimento e cambiando solo in prossimità delle salite. Questo è un atteggiamento che comporta un notevole dispendio di energie, poiché spingere un rapporto del genere affatica molto velocemente l’organismo. Meglio utilizzare un rapporto leggermente più corto, che permetta di effettuare tra le 90 e le 100 pedalate al minuto, senza però sembrare dei frullini.

Pedalare agili permette di gestire al meglio le energie e di essere più pronti durante le frenate e ripartenze, inoltre far girare i pedali più velocemente aumenta l’inerzia e quindi alleggerisce il lavoro delle gambe. Se paragoniamo lo sviluppo metrico (ovvero i metri percorsi con ogni singola pedalata) essere agili fa perdere qualcosa rispetto all’uso del rapporto corto ma fa risparmiare energie all’organismo.

Imparare a pedalare “rotondi”

Immaginate di guardare una guarnitura e di assimilarla a un orologio. Quando pedalate, la pedivella e i pedali si posizionano in quattro punti fondamentali: alle 12, alle 3, alle 6 e alle 9. La maggior parte dei ciclisti spinge sul pedale di destra solo nella arco tra il punto 12 e il punto 3, poi lascia che sia il pedale di sinistra (spingendo quando si trova tra 12 e 3) a riportare in posizione il piede destro per poi spingere di nuovo e così via. Questo modo di pedalare va bene per andare a fare la spesa, poiché nelle restanti posizioni non avviene spinta, e i punti 6-9 vengono chiamati punti morti. Se volete diminuire l’affaticamento muscolare dovuto all’esercizio della pedalata, dovete imparare la pedalata rotonda, ovvero spingere sui pedali durante l’intera circonferenza descritta dalla guarnitura.

Pedalare rotondi permette di andare più veloce, aumenta l’agilità (quindi si può scegliere un rapporto più lungo, diminuendo ancor di più lo sforzo), impegna i muscoli nell’interno ciclo di pedalata riducendo il ciclo “spinta-riposo” che è alla base dell’affaticamento delle gambe. Infatti nella pedalata rotonda si spinge da 12 a 3, poi si inclina il piede da 3 a 6 (per preparare la successiva spinta), si tira verso di sé il pedale da 6 a 9 e s’inclina nell’altro senso da 9 a 12. L’efficienza di pedalata aumenta drasticamente.

Per pedalare rotondi è buona norma dotarsi di scarpe con attacchi automatici per avere una maggiore presa sui pedali. Scegliere una strada poco trafficata e sganciate il piede destro. Pedalate solo con il sinistro, se state pedalando rotondi dovreste andare avanti senza fatica, poiché non avete bisogno dell’altro piede per riportare in posizione il pedale dx. Poi provate con il destro e notate se anche qui siete rotondi oppure no. Provate e riprovate finché la pedalata con un solo piede diverrà naturale. Pedalando con entrambi i piedi sarete rotondi e consumerete molta meno energia.

Evitare i fuorisella

A tutti piace sollevarsi sui pedali come faceva Marco Pantani e scattare verso la vittoria. Però lui era Pantani e noi siamo noi. Pedalare fuorisella comporta un dispendio maggiore di energie della pedalata seduta, poiché vengono coinvolti più muscoli (pettorali, braccia, schiena, glutei), che durante la seduta lavorano in maniera minore. Inoltre, se proprio non potete evitare il fuorisella, evitate di “affondare sui pedali”. Molto spesso vedo i ciclisti alzarsi sulla sella, spingere sui pedali e ondeggiare a destra e sinistra, arrivando quasi con il bacino sul tubo orizzontale.

La realtà delle cose è ben diversa: è la bici che deve ondeggiare, non voi. Osservate i corridori all’arrivo in volata: le biciclette ondeggiando spaventosamente a destra e sinistra, ma loro sono fermi e dritti come fusi. Questo perché affondare con le gambe e ondeggiare mantenendo la bici dritta comporta un consumo di energie maggiore, perché maggiore è il numero di muscoli coinvolti nell’azione.

Lasciate a casa lo zaino

Non è proprio una tecnica di guida in senso stretto, bensì un accorgimento che aiuta ad affaticare meno le spalle, le braccia ed evita fastidiose infiammazioni alla schiena. Infatti quando indossate lo zaino in bici (sia esso più o meno carico), il suo peso grava sulle vostre spalle, il fondo batte sui lombari, le cinghie lavorano sulle ascelle e sui pettorali. Un peso non necessario che obbliga il corpo a un surplus di lavoro per mantenerlo. Se al contrario vi dotate di borse per biciclette e le riempite con il vostro necessaire, il peso graverà sul telaio della bici e verrà scaricato a terra invece che sui vostri muscoli.

Fatica in bicicletta: aumentare l’efficienza organica

ma quale fatica in bici?

Non c’è solo l’allenamento in senso stretto, esistono anche altre componenti legate al nostro corpo che ci permettono di diminuire la sensazione di fatica percepita durante l’uso della bici. Ecco quali:

Migliorare la flessibilità

Per flessibilità muscolare s’intende la capacità dei muscoli di allungarsi se sottoposti a sforzo. In realtà è un concetto ben più ampio che coinvolge i tendini, i legamenti e in parte anche le ossa. Essere flessibili (non intendo che dobbiate essere dei contorsionisti) migliore l’efficienza muscolare diminuendo il consumo energetico, rende i muscoli più resistenti agli stimoli affaticanti, garantisce l’assorbimento dell’acido lattico e previene i dolori post esercizio. La flessibilità è un aspetto che va curato seriamente e che per dare i primi risultati può impiegare mesi o anni (dipende dalla vostra sedentarietà). Fare stretching, yoga o pilates dopo l’uscita in bici, prima di andare a letto o al mattino appena svegli aumenta la flessibilità muscolare e rafforza i legamenti. Bastano anche 10 minuti al giorno.

Idratarsi

D’inverno, quando esco in mtb, vedo alcuno compagni che per tutta la durata dell’uscita, a volte di ore, non toccano un sorso d’acqua, poiché non ne sentono il bisogno. Questo è un errore, perché non si deve bere solo quando fa caldo. La disidratazione, nel ciclismo, può abbassare l’efficienza dell’organismo del 30%, visto che il nostro corpo è fatto d’acqua! Bisogna sempre bere, a piccoli sorsi a breve distanza l’uno dall’altro. Idratarsi permette di “sciacquare” il corpo dalle scorie prodotte dall’esercizio e di eliminarle attraverso l’urina. La disidratazione colpisce i muscoli, il sangue che diventa più denso, i reni e poi anche il cervello e può provocare gravi danni. Un metodo molto valido per valutare il vostro stato di idratazione è osservare l’urina. Se questa è trasparente ed inodore allora siete perfettamente idratati, se è di color giallo e ha un odore acre, allora siete a corto d’acqua e i vostri reni si stanno affaticando notevolmente.

Evitare di appesantirsi nelle pause o prima di mettersi in sella

Un errore da neofiti (o da persone poco informate) può essere riassunto in questa frase, “visto che adesso vado a fare sport, mi straforo così avrò più energia”. Non funziona proprio così, perché il processo digestivo sottrae sangue ed energie all’organismo, che deve lavorare per sintetizzare i nutrienti dei cibi, digerirli ed espellerne i rifiuti. Salire in sella con lo stomaco pieno (soprattutto se di cibi a lenta digestione), non è consigliabile. Si rischia di essere meno reattivi, più appannati e di raggiungere prima la soglia della fatica. Stesso discorso per il pranzo o la cena dopo l’uscita. Il nostro fisico è già debilitato dall’allenamento, non affaticatelo maggiormente imponendogli una digestione faticosa. Quando si va in bici è sempre meglio un’alimentazione di facile digestione come frutta (banane, frutta secca) o cioccolato extra fondente.

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Imparare ad accettare la fatica

L’avrete sicuramente sentito dire da qualche giornalista sportivo, “la differenza tra un bravo atleta e un campione la fa la testa”. Infatti la fatica, ancor prima di colpire i muscoli, inizia a battere in testa, facendoci perdere il gusto di andare in bici. Riuscire a migliorare la sopportazione della fatica è un gran risultato, che può portare a ottimi risultati. Ho chiesto in giro e le tecniche sono parecchie. Tra le più valide vi propongo: cominciare a cantare una canzone che vi piace, ripetere nella vostra mente quali sono i vostri obiettivi e perché state usando la bici e se proprio state per scoppiare, fissare un punto sulla strada (una casa, un cartello, un incrocio) e dirsi “io devo arrivare fin là”. Superato questo punto trovatene un altro e andate avanti così.

Fatica in bicicletta: concludendo

L’affaticamento è uno stato fisico subdolo, che se non gestito bene può rovinare il gusto di usare la bici. E’ anche un argomento troppo vasto e complesso, che racchiude elementi di medicina, chimica, scienze motorie, per essere raccontato in un solo articolo. Sappiate però che potete combatterla e migliorare la qualità delle vostre pedalate, seguito i consigli di cui sopra.
Ricordatevi che il ciclismo sarà anche fatica, sofferenza, fame e freddo come diceva il vecchio ciclista del mio paese, ma è soprattutto gioia, divertimento e libertà.

Come sconfiggere i miti sull’allenamento?

Campus Bike Convention

Come possiamo fare per scardinare questi falsi miti che ci impediscono di raggiungere il nostro massimo potenziale, come il tema della bici che fa male al cuore?

Per farlo abbiamo creato Campus Bike Convention: il primo evento formativo su ciclismo e prestazione mai realizzato in Italia.  

Una due giorni di incontri e workshop pratici per parlare di allenamento, preparazione atletica, nutrizione.

Campus Bike Convention si terrà il 2-3 Dicembre 2023 presso FICO Eataly a Bologna. E ha una struttura divisa tra incontri in plenaria e workshop pratici.

Trovi tutte le informazioni su Campus Bike Convention a questo link: https://convention.campus.bike/

Articolo aggiornato a Giugno 2023

Commenti

  1. Avatar Umberto ha detto:

    I miei complimenti per l’articolo e per chi l’ha scritto sia per i contenuti che per la valenza tecnica in ambito SEO, obiettivo raggiunto senza scaturire in una noiosa prolissità.
    BRAVI! ???

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